Rassegna "Il Parco in maschera" - Totò Crooner - Un Otello principe di Bisanzio
Un lavoro di ricerca che prevede la sovrapposizione tra personaggi veramente esistiti e personaggi tratti dalle opere di William Shakespeare. La vita vera, la storia, i drammi di un personaggio storico che si racconta e ci racconta il suo dramma attraverso la sovrapposizione spettrale di un personaggio mitico del
bardo; una letteratura comparata, ma anche un teatro trasfigurato, che si fa evocazione dell’evocazione, un doppio salto che si traduce nella’unione tra due “anime”. Il testo shakespereano che si fa pre-‐testo e ri-‐ creazione della “storia” o di una storia veramente accaduta.
Antonio De Curtis, il più grande attore comico del ‘900 italiano, è tra la maschere più incisive e indimenticabili della nostra tradizione, ma non tutti sanno della sua vita travagliata e disperata. Una vita segnata dalla gelosia che lo rendeva schiavo di amori morbosi e tragici. La gelosia che lo ha spinto anche ad azioni folli e scellerate. Partendo dal sentimento della gelosia -‐ quindi dal personaggio Otello del dramma di William Shakespeare – ho sovrapposto i punti nodali della drammaturgia a quelli della biografia del giovane Antonio De Curtis, scoprendo una fortissima analogia tra i due personaggi, cosi da raccontare il
dramma di De Curtis attraverso i versi del bardo e contemporaneamente assistere ad un Otello interpretato
dall’attore/maschera Totò.
La drammaturgia è stata il risultato della riscrittura del testo poetico contaminato con tutti i lazzi e le battutacce da avanspettacolo dello sconfinato repertorio di Totò, arrivando ad una vera esplosione di invenzioni e nuovi significati. La forma ricercata è stata quella del recital da crooner, perché Antonio De Curtis è stato autore di canzoni bellissime e famose, proprio in stile crooner, da cantare sussurrate, delicatamente, magari raccontandoci cosa ha spinto a scrivere quelle parole e soprattutto dove portano quelle canzoni. Infatti la performance è pensata come una scaletta musicale, indicandoci il tempo della storia, la parte più profonda delle azioni raccontate e o evocate; ma attenzione, non canzoni d’accompagnamento, sia chiaro, ma veri e propri snodi drammaturgici. Il tutto cantato e suonato dal vivo, con chitarra e ben due loop station, per una drammaturgia musicale che fa dello spettacolo quasi un melologo, dove si alternano in maniera chiara e repentina, il canto, il verso, il suono, il silenzio. Un lavoro altamente performativo, poetico, commovente, e inevitabilmente ironico.